La prima recensione a Ares Express arriva da Wired Italia. L’ha scritta Stefano Spataro ed è davvero lusinghiera.
Ringraziamo l’autore per averci permesso di pubblicarla anche sul nostro sito.
C’è da dire che in Italia possiamo vantare un folto gruppo di appassionati di genere fantascientifico, e non solo per le serie tv o per il cinema, ma anche per la letteratura. È grazie a questi lettori fedeli che case editrici come Zona 42 riescono a portare avanti il loro progetto, complice una certa professionalità nella cura delle edizioni e l’attenzione nella scelta degli autori e dei titoli.
Ian McDonald, nato a Manchester nel 1960, è uno dei più interessanti autori di fantascienza. È noto per aver vinto alcuni dei più prestigiosi premi del settore e per aver messo a segno molte candidature. Si segnalano il premio Philip K. Dick nel 1991 per King of Morning, Queen of Day e il premio Hugo per il racconto The Djinn’s Wife. Ha all’attivo una ventina di romanzi tra cui Desolation Road, pubblicato sempre da Zona 42 qualche anno fa, e due serie di fantascienza molto importanti, Everness e Luna, quest’ultima in uscita sulla collana Urania Jumbo e dalla quale realizzeranno presto una serie tv (che l’autore ha scherzosamente ribattezzato Games of dome).
Ares Express è una storia ambientata nello stesso universo (uno solo?) di Desolation Road. Siamo su Marte, terraformato ovvero modificato per essere abitabile, in un futuro lontanissimo, dove attraverso il deserto rosso si muovono treni enormi, delle dimensioni di interi quartieri, in cui ci sono cattedrali volanti, città cupe e fantasmagoriche che attraversano le dimensioni, specchi attraverso i quali si intravedono fantasmi di gemelli psichici e dove la tecnologia avanzata raggiunge quasi la magia.
E tuttavia l’ambientazione è desolante ed evocativa allo stesso tempo. È Marte, e “come prima cosa, vedi la sabbia”.
Gli eventi narrati in questo romanzo sono però svincolati da quelli del suo predecessore. Qui si parla dell’impertinente Sweetness Honey-Bun Asiim XII Macchinista, figlia di guidatori di treni da generazioni, che decide di fuggire da un matrimonio combinato e si troverà coinvolta in una lotta senza quartiere tra esseri umani, stregoni, macchine e angeli per determinare il futuro – o i futuri – di un intero mondo.
A McDonald piace giocare con gli stereotipi della fantascienza. L’immagine delle linee parallele dei binari ferroviari che procedono all’infinito, così come quella delle stazioni di smistamento, gli offre una metafora peculiare, a cavallo della quale può far muovere i personaggi, buoni e meno buoni, per modificare a suo piacimento la trama.
“I bambini della ferrovia crescevano come relativisti naturali: per loro il tempo e la distanza sono intercambiabili perché si muovono velocemente attraverso paesaggi vastissimi».
Durante la lettura, inoltre, ho avuto più volte l’impressione che il romanzo si stesse spingendo fino al limite della metanarrazione. In alcune fasi della sua avventura la protagonista sembra prendere coscienza di essere “una storia” e di vivere una serie di accadimenti determinati da una intelligenza superiore. La cosa però non va oltre l’ammiccare della protagonista con i suoi comprimari (e del narratore con il lettore), e non nego la possibilità che sia stato tutto un lavorio del mio cervello. Tuttavia la poetica che l’autore impiega dà al romanzo un valore aggiunto alla già incredibile serie di eventi narrati.
Encomiabile è senza dubbio il lavoro di traduzione di Chiara Reali che per Zona 42 ha già lavorato su Desolation Road e sui romanzi di Jon Courtenay Grimwood, Tricia Sullivan e Nnedi Okorafor. Ares Express non è di certo un testo semplice, per la quantità di neologismi e per ovvie complicatezze linguistiche, ma la dedizione con cui è stato trasportato nella nostra lingua lo ha reso scorrevole e di indubbio impatto.
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