Avendo amato enormemente i libri del Budayeen del compianto George Alec Effinger (questi romanzi cyberpunk ambientati in un ghetto arabo mi furono segnalati da Davide Mana, lode a Strategie evolutive!), quando ho scoperto Pashazade (336 pagine, edizione italiana 2014, originale inglese 2001) non ho potuto sottrarmi all’incantesimo. Che, puntuale, mi ha trasportato in un mondo alternativo in cui le due guerre mondiali non si sono svolte, le armi nucleari non sono state sviluppate, l’America è ancora isolazionista, il Medio Oriente non è in guerra perenne con se stesso e in Europa le nazioni continuano a lottare per prevalere; qui l’antica Alessandria d’Egitto è una libera città dell’impero ottomano, cosmopolita come lo erano le città spagnole del tredicesimo secolo.
E che cosa ho trovato a El Iskandryia?
Un poliziesco che è anche un libro sulle famiglie e sulle loro possibili disfunzionalità, un uomo con una volpe in testa, un ricchissimo industriale che è anche un tenero padre, una bambina hacker, debiti nascosti, lavaggi intestinali, un viceré giovane e gentile, un poliziotto americano amichevole, una bomba al plastico, una penna infilata in un petto, una erborista incaprettata, due bagni nudi, due assassine bionde, un matrimonio di convenienza con una sorpresa finale, modificazioni genetiche, un deejay che fa lavori sporchi ma non troppo, una masturbazione senza mani, fanatici tedeschi, una donna che ama la sua città e un cane robot molto evoluto.
Fateci un salto: vale il prezzo del biglietto!
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